Libera stampa

è la stampa, bellezza!
[non ci puoi fare nulla …]
Una frase diventata emblema di libertà della comunicazione. Se non la uccidi è come l’acqua che inevitabilmente fluisce in pendenza.
È l’ultima battuta di Humphrey Bogart nel film Deadline, del 1952. Come coraggioso direttore di giornale sfida chi prova a sopprimere la voce libera ed etica del suo giornale. Nella versione originale il gangster che minaccia il giornalista si chiama Rienzi, di origine siciliana (e così appare nei titoli di giornale). Nella versione italiana, L’ultima battuta, proviene invece dall’est Europa. Ci pensò la censura dell’epoca alla sostituzione: meglio un po’ di guerra fredda che un po’ d’Italia diffamata …


Oggi, 3 aprile 2025, nella Giornata mondiale della libera stampa, l’Italia esce con sempre più ossa rotte. Giornalisti spiati con tecnologie militari, minacciati e sotto scorta (22); querele facili come metodo d’intimidazione, RAI non certo autonoma (mai stata, ma almeno ad isole), norme restrittive …

Il rapporto annuale di Reporters Sans Frontières, sulla stampa mondiale, rileva che la situazione italiana è peggiorata. In base ai criteri sociologici adottati, è scesa di tre punti, rispetto al 2024, ponendola al 49° posto nell’Europa occidentale. È il suo punteggio peggiore dal 2013 ad oggi. Al peggioramento hanno contribuito le leggi bavaglio, che ostacolano inchieste, ricerche in ambito giudiziario e di pubblica amministrazione. Si aggiungono le minacce di organizzazioni mafiose e di gruppi estremisti, le notevoli concentrazioni editoriali, a scapito della pluralità di voci. L’indipendenza e la libera comunicazione è quindi a rischio.

Anche gli Stati Uniti perdono punti dal 55° al 57° posto. Ci ha pensato la nuova presidenza color granturco, con le sue continue tossiche prodezze.

Le punte emergenti, quelle medie e le ultime (da Reporters sans FrontièresWorld Press Freedom Index).

1: Norvège 🇳🇴
2: Estonie 🇪🇪
3: Pays-Bas 🇳🇱
24: Taïwan 🇹🇼
25: France 🇫🇷
49 : Italie 🇮🇹
57: États-Unis 🇺🇸
126: Algérie 🇩🇿
159: Turquie 🇹🇷
176: Iran 🇮🇷
178: Chine 🇨🇳
179: Corée du Nord 🇰🇵
180: Érythrée 🇪🇷

***

Appunti di Lavoro

Le origini della festa dei lavoratori porta alle radici del capitalismo industriale degli Stati Uniti. Non sono ancora ben chiarite alcune pertinenze storiche.
Ma diritti e tutele sono stati certamente strappati al costo di aspri conflitti e vite umane.
E sul “fronte” di questa guerra, ancora oggi in Italia, cadono circa due vittime al giorno. Si può cadere sul colpo o dopo anni di patologie oncologiche.
E per assurdo anche l’assenza di lavoro produce vittime…

Il 1° Maggio nasce come giornata di lotta operaia negli Stati Uniti. È collegata agli scioperi per la giornata lavorativa di 8 ore. Il massacro di Haymarket a Chicago (4 maggio 1886 – molti civili e poliziotti morti per una bomba – lavoratori impiccati, risultati poi innocenti) ebbe una risonanza mondiale. Molti Paesi scelsero di ricordare l’evento e nello stesso tempo di festeggiare i diritti raggiunti nel lavoro proprio il 1° maggio.
Il governo e l’élite americana dell’epoca, tuttavia, cominciarono a considerare il 1° Maggio politicamente pericoloso, associato a movimenti anarchici e socialisti.
Nel 1894 il presidente Grover Cleveland proclamò il Labor Day il primo lunedì di settembre per celebrare la giornata in modo meno conflittuale e meno “politico”.
L’Italia comincia a celebrare la festa del Lavoro nel 1891, come giornata di rivendicazioni, di lotta e manifestazioni.
Nel 1925, appena due anni dopo l’instaurazione del fascismo, la festa viene abolita.
Il regime la sostituisce con la “Festa del lavoro italiano”, il 21 aprile, collegata idealmente al Natale di Roma. Le origini operaie legate ai movimenti anarchici e socialisti internazionali vengono così cancellate.

Dopo la caduta del fascismo e la fine della Seconda Guerra Mondiale, il governo italiano la ripristina ufficialmente nel 1949, riconoscendola come uno dei pilastri della Costituzione. Da allora è festa nazionale e simbolo della lotta per la conquista dei diritti sindacali e sociali.
Il primo articolo della Costituzione recita:
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

***

25 Aprile sotto campana di vetro

Grande festa civile.
A una certa parte vestita perennemente a lutto porta gastrite. Ma si può guarire: basta una tisana di Storia limpida – non distillata pro domo sua.
Georgica, improvvisata “devota” ereditiera del papa Francesco, estende a cinque giorni il lutto nazionale per la sua morte. Furbastro espediente per piazzare un discreto silenziatore a questo 25 Aprile, ancora festa della Liberazione. Visto il contesto è concessa la celebrazione, ma con l’ammonimento di usare “sobrietà”. Evitare schiamazzi di avvinazzati che sbandano sul marciapiede. Palla al balzo per diversi comuni che hanno già emesso zelanti ordinanze di divieto per musiche e cori.
Non vale lo stesso per gli strilli a 120 decibel “dio-patria-famiglia” e per i rosari gridati, esibiti da esperti ruffiani comizianti.

***

Consumazione obbligatoria

Guerra e pace 2

Sull’abisso di Gaza e dei territori occupati palestinesi sembra ugualmente vano invocare la pace e il cessate il fuoco. Sorge una convinzione. Che a padroneggiare, siano stupidità, crudeltà, ignoranza, infantilismo. E anche una lucida strategia per ottenere con la follia ciò che non sarebbe possibile raggiungere con la ragione e il diritto dei popoli.
Vince il fatto compiuto. Poi vai a schiodare …
Tutto iniziò con l’attacco orripilante del 7 ottobre del 2024, firmato Hamas. Continuò con altra follia in risposta, ad exhauriendum, con tutte le armi possibili, compresa fame e sete. Ospedali azzerati, donne (pericolose procreatrici), bambini (anche mirati alla testa-futuri nemici – è stato un errore). Esecuzioni di personale medico, personale ONU, giornalisti, rifornimenti umanitari ostacolati …
Le sabbie mobili continuano a fagocitare vite con ferrea statistica giornaliera: in alto sempre bambini, donne. 
Il grande mastino del mondo permette. E anche i cagnolini di corte.
Vivere la propria follia, come perfezione unica e imporla.

Rivive in questo periodo, nella fede dei credenti, la Passione del Cristo Palestinese. Poi la gioia. La ferocia che provocò la sua morte è quella stessa che perdura da millenni. E che è, ancora oggi, la “passione” del genere umano, nella guerra. Dovrebbe essere bandita per statuto universale.

Resta la speranza attiva, caparbia: la pace da ricercare. La gioia.

***

Passione

***